L’Arca- Consorzio
Servizi per L’Infanzia in coorganizzazione con il Comune di Trieste presenta un’importante iniziativa rivolta a tutte
le famiglie e i cittadini della nostra provincia in merito all’offerta dei servizi
per la prima infanzia (0-3 anni). Oltre a molte informazione sulle norme e
sui vari servizi per i piccolissimi e le loro famiglie, l’iniziativa propone
degli importanti interventi formativi
per riflettere sulla mutata funzione genitoriale delle ultime generazioni e sul
primo periodo della vita, sull’infanzia, periodo evolutivo delicato e
contemporaneamente decisivo.
Cogliamo l'occasione per pubblicare un brano tratto da "La giusta fatica di crescere"di Manuela Trinci, relatrice al convegno.
Le petit
poucet, alias Pollicino, per crescere e diventare un rispettabile cortigiano ha
dovuto imparare a sviluppare le proprie capacità senza il sostegno e le
intenzioni educative dei genitori; ha affrontato quindi il fitto del bosco e la
truculenta fame dell’orco, contando sicuramente solo sulle proprie forze,
ciononostante non disdegnando possibili aiuti e suggerimenti. Come accade in
ogni vera fiaba d’iniziazione, quella di Pollicino si rivela essere un’impresa
faticosa, incerta, irta di trabocchetti, eppure, usando astuzia, prudenza e
abilità, gentilezza, occhi e orecchie, questo minuscolo personaggio –metafora
di un’infanzia sovversiva, coraggiosa, capace di sfiorare il mito- si ritrova
nei panni di un eroe del quotidiano, un creativo ante litteram che a suon di
trovate intelligenti, a dispetto della sua taglia, è riuscito ad avere la
meglio su tutti, conseguendo pienamente l’autonomia non solo dai genitori!
Ben diversa
si presenta, invece, l’avventura dei moderni Pollicini, attorno ai quali fin
troppo spesso ruota, anelati quanto ansante, l’intera vita familiare. A loro, genitori, nonni e zii guardano come
come si guarda a piccoli Messia dotati di miracolose attitudini. Di loro si
esaltano le competenze e si amplificano le intenzionalità, abdicando tuttavia,
ora un po’ irretiti ora un po’ galvanizzati da tanta arcana sapienza,
l’opportuna dissimmetria fra “grandi” e “piccoli”, col risultato di indurre
intere legioni di cuccioli d’oro a diventare piccoli tiranni che troneggiano
nel “lettone”, si abbarbicano alla “puppa” della mamma, sdegnano il vasino
trattenendo con indomita fierezza la cacca nel “pannolone”!
Si crea così
una curiosa alleanza fra i genitori che indulgono, lasciano perdere,
posticipano, i faticosi dettami di una crescita autonoma, e i bambini che, di
conseguenza, stentano nell’imboccare la direzione di quella indipendenza,
indicata da Donald Winnicott come il percorso necessario per arrivare, a
piccoli passi e non certo senza fatica, dalla dipendenza totale del neonato
dalle cure materne all’indipendenza di un bambino impegnato a crescere. Una
sorta di “ santa alleanza” un altolà perentorio allo sforzo di rapportarsi al
bebè, quel grande sconosciuto, omaggiato tra l’altro dal mercato dei consumi
che l’ha incoronato indiscusso sovrano di ciucciotti, abitini, pappe,
passeggini e tante futilità: cose, oggetti, rivelatori sempre della valenza
educativa e sociale implicita nel linguaggio
delle cose. […]
D’altra
parte, bisogna ammettere che i genitori contemporanei sono sottoposti a un
bombardamento mediatico, senza precedenti. Affannati trepidanti, sempre più
sfiduciati nelle proprie competenze in bilico perenne su come allevare e
gestire, con il minimo sforzo e la massima resa, i loro esigenti bebè, mamme e
babbi vanno alla ricerca di guide, di regole, di prescrizioni esatte cui
affidarsi, possibilmente con poche indecisioni o riflessioni personali: l’uso
della propria testa, dell’equilibrio, della ponderazione, non sempre appaiono
come doti quanto piuttosto come inutili, dispendiose, fonti di ulteriori
incertezze e di rischiose messe in gioco!
A questo
paludoso scenario fa da supporto la diffusa convinzione – da parte degli
esperti di parenting- che ai genitori manchino le capacità emotive elementari
necessarie per crescere i figli e relazionarsi con loro. Convinzioni che si
accompagna a un comune atteggiamento culturale che fa del senso di impotenza,
di vulnerabilità e del prisma delle emozioni negative la chiave di lettura
delle normalissime difficoltà che si incontrano nella vita –non ultima quella
del divenire genitori- inculcando nella gente il bisogno di un perenne
psicotutela o psicopinione, indispensabili per non ondeggiare, paurosamente,
fra la fragilità del sé e la scarsa autostima! Una palude in cui sguazzano,
prolifici e ben remunerati, improbabili terapeuti, guru e religiosità pagane
varie.
[…]E se i
consistenti studi di questi ultimi decenni hanno indubbiamente arricchito le
conoscenze in campo psicologico e neuroevolutivo con conseguenti riflessioni
anche in ambito educativo, la troppa pedagogia e psicologia "da
banco" — acquistabili a etti in libreria e sorseggiabili davanti a un buon
reality — così divulgate e sbandierate senza i necessari strumenti di comprensione
e assorbimento hanno indotto nei genitori una specie di bisogno-dovere di
specializzarsi, divenendo a loro volta "educatori professionali".
Ancora citando Donald Winnicott, è invece "opportuno che le madri non
sappiano quanto è importante quello che fanno", in quanto un eccesso di
dettami psicologici potrebbe allarmare le madri stesse e, alla fine, rendere
più colto ma meno affettivo il loro accudimento spontaneo. Un possibile
rischio, vale a dire, diviene che le conoscenze scientifiche trasferite tout
court ai neofiti, senza contestualizzarle, lasciandole vagare nelle loro menti
senza che possano divenire vere competenze (perché non sostenute dal necessario
tempo dell'approfondimento e dell'esperienza), finiscano per ostacolare il
mettersi in gioco individuale: liberamente con la propria cultura e la propria
emotività. Si creano, allora, genitori conformisti, privati delle loro
competenze; genitori applicatori maldestri di principi uguali per tutti, non
interpretati, non capiti nella sostanza ma solo nell'apparenza. Così, la
psicologia, che avrebbe dovuto aiutarci nel capire come funziona la nostra
mente, che cosa stia alle radici delle nostre azioni, ha finito per essere
utilizzata dai vari esperti di turno non tanto per spiegare ma per prescrivere,
stabilendo le linee guida dei comportamenti genitoriali. Solerti psicoguru si
impegnano, dunque, a trasformare le importanti conoscenze scientifiche in comportamenti
e prescrizioni acritiche e stereotipate. "Perché dorma bene, il neonato va
avvolto, fasciato stretto, " spiegano, "mai dargli il ciuccio nel
primo mese di vita"... "nei primi mesi deve dormire nel lettone coi
genitori" proclamano a gran voce. Peraltro, anche Donald Winnicott, nei
suoi Colloqui con i genitori, mostrava preoccupazione per il crescendo di
conformismo pedagogico e per la mancanza di creatività che la diffusione di una
psicologia "a basso costo" induceva, già negli anni settanta, nelle
persone; per questo sosteneva a spada tratta come la funzione degli esperti non
fosse quella di "indottrinare i genitori", quanto piuttosto di spiegare,
con parole comprensibili, come crescono i bambini e di far sì che su tale argomento
fossero gli stessi genitori ad arrivare a un confronto fra loro. Invece di
lasciarsi ammaestrare e appiattire da "prontuari", conviene da un
lato recuperare quella base sicura che una volta era garantita dalle tradizioni,
dai parenti, dalla rete degli affetti, che oggi può essere arricchita anche
dagli incontri che alcuni servizi, in molte città del nostro paese, rivolgono
alle mamme con bambini da O a 12 mesi; dall'altro, conversando con i genitori
stessi si potrebbe aggiungere un pizzico di buonumore e di ironia, ingredienti
che Gianni Rodari valutava essere utili per appassionare i genitori alla
conoscenza dei loro bambini, ritrovando, magari, il proprio lessico familiare,
i propri giochi, i propri ricordi, sulla scia delle parole di Asha Phillis, la
famosissima autrice dei No che aiutano a
crescere, che per essere dei genitori ”normalmente imperfetti" è fondamentale
recuperare, riscoprire forse scoprire per la prima volta, il proprio modo di
stati figli.
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