domenica 13 settembre 2015

Perdersi nel bosco, i bambini alla scoperta del mondo.


Settembre, si ricomincia: asilo nido, scuola materna, scuola elementare, e' sempre l'inizio di  una nuova avventura. Per i genitori che affrontano un nuovo inizio,  riproponiamo un brano dal " Cigno Magico." Loris Rosenholz, ci racconta il punto di vista di un educatore che ha accolto molteplici famiglie nei suoi lunghi anni di lavoro.

"Due mesi fa, al momento dell'inserimento di mia figlia all'asilo, pensavo di non aver nessun tipo di problema, anche perché mi ero già praticamente staccata da lei quando ho ripreso a lavorare. Allora l'avevo presa un po' male e credevo di essere ormai vaccinata. Devo dire che ero contenta di inserire mia figlia all'asilo, e in questo asilo.” Così esordì una madre, di professione psichiatra, intervenendo in un'assemblea di genitori che aveva come argomento la separazione dai figli.- "Per le prime due settimane, infatti, tutto tranquillo, sembrava che non ci fossero problemi... Poi una sera sono andata a letto e non sono assolutamente riuscita a dormire, una tremenda crisi di insonnia. Strano, perché non ne avevo mai sofferto. Mi sono alzata, ero molto nervosa, e mi sono messa a fumare una sigaretta, poi ho mangiato, sono passate delle ore, ma sonno niente. Ad un tratto, mentre cercavo di riflettere, ho avvertito come un'associazione improvvisa: mi è balenato in mente l'idea che mia figlia se ne andava perché ormai era grande, non era più solo mia...”[…]

 Ogni anno si rinnovano i riti della separazione, con i bambini che arrivano per la prima volta all'asilo. Ricompaiono i loro pianti e i loro dolori, le emozioni delle madri, il coinvolgimento più controllato e contenuto dei padri, le tensioni degli educatori che s'identificano con i bambini, e spesso anche con i genitori. Conosco molto bene queste sofferenze, so cosa significhi inserirsi in un mondo nuovo pieno di incognite e di punti interrogativi, che agli occhi dei piccoli probabilmente appare popolato da nemici che vogliono sottrarli alla loro mamma. Conosco anche le ansie dei genitori e degli educatori, che di fronte al pianto disperato del bambino sentono risvegliarsi in loro stessi le personali esperienze vissute nel passato. Ma ho imparato quanto sia importante questo momento per l'evoluzione e la crescita del bambino e per il suo rapporto con i genitori: superata questa fase difficile, s'innescherà in lui il desiderio di crescere e di conquistare il mondo, liberando la sua innata curiosità di capire e apprendere. L'inserimento all'asilo, infatti, lo aiuta a distaccarsi dalla simbiosi che ha instaurato con la madre, consentendogli di iniziare il suo lento cammino verso la realtà. 
Conosco molto bene questi fattori e altri ancora, non solo grazie ai  miei personali vissuti, ma anche per la concreta esperienza del mio lavoro. Eppure per quanto possa essere consapevole che la separazione di un bambino dai suoi genitori è giusta e sana, e che la mia opera di educatore lo sta di fatto aiutando, e per quanto possa essere ormai vaccinato da identificazioni troppo coinvolgenti, ogni anno, al momento dell'inserimento, riprovo le stesse emozioni. Quando vedo un bambino arrivare all'asilo un po’ riluttante e sospettoso, abbracciato alla sua mamma, con il viso nascosto tra il collo e la spalla di lei per non vedere nessuno, o abbarbicato ai calzoni del papà mentre lancia occhiate arrabbiate e impaurite agli estranei che lo circondano, sento ogni volta un senso profondo di tenerezza misto a un'ansia sottile, che s'instaura in particolare quando mi accorgo che anche il viso dei genitori esprime un certo disagio o addirittura tensione. Mi chiedo sempre se sarò capace di affrontare nuovamente questo piccolo dramma, e rendere Il distacco quanto più possibile facile, privo di grandi sofferenze. Gran parte della responsabilità di una buona riuscita nella separazione  dipende, infatti, proprio dall'educatore che, nel rapporto nuovo elle si viene  a delineare gradatamente, è la persona che ha le maggiori possibilità capire e intervenire in modo equilibrato e corretto. Da come riusciremo a sentire i problemi e i vissuti che intercorrono tra madre e figlio al momento del loro arrivo all'asilo, dal modo di impostare il distacco, dipende  la futura capacità del bambino di socializzare e giocare, per poi ritornare dai genitori con una capacità diversa e più evoluta di amarli e di rapportarsi a loro. […]Accogliere e inserire il bambino all'asilo non è mai diventato dunque una routine, perché al di là di ciò che può apparire dai rituali esteriori di comportamento, nella realtà concreta sorgono  sempre emozioni  nuove che non rendono mai questi momenti, pur faticosi e difficili, noiosi o ripetitivi. A ogni bambino e a ogni madre sono debitore di qualcosa di nuovo,di un  passo avanti verso la comprensione e la maturazione di questi problemi.[…].Cosa prova il bambino in questo momento? Sia che pianga e si disperi, sia invece che cerchi di farsi forza o al limite che neghi in modo magico e onnipotente la sua sofferenza, si sente come se fosse nel vuoto, senza appoggio né sicurezza, abbandonato dalla mamma e perciò con la sensazione di aver perduto il terreno sotto i piedi. È come se gli fosse stato strappato con la forza quell'immaginario cordone ombelicale che lo legava alla madre. Nessuna logica, nessun discorso razionale né tanto meno un approccio seduttivo degli educatori riuscirà ad arginare durante le primissime fasi del distacco la paura di aver perduto la mamma per sempre. È come una  momentanea follia che travolge ogni capacità di ascoltate e capire. In questi momenti, nel prenderlo in braccio, nel rassicurarlo, e nel dimostrargli tutta la nostra comprensione e disponibilità, possiamo renderci conto se ciò che abbiamo seminato è stato sufficiente per costruire un embrionale rapporto con lui. Dobbiamo essergli vicini per confermare il ritorno della mamma, con dolcezza ma spesso anche con decisione; dobbiamo garantirgli un contenimento per le sue rabbie, e offrirgli tutto ciò che serve per arginare i suoi sentimenti e le sue emozioni troppo intense[…].

Mi vengono in mente a questo punto delle immagini che spesso incontriamo nelle fiabe, e che possono rendere abbastanza bene il significato del la separazione. Quando le raccontiamo ai bambini piacciono molto, forse proprio per gli elementi di realtà inconscia che contengono e in cui possono identificarsi. Penso, per esempio, al bambino che si perde nel bosco: per caso, oppure perché è scappato da casa, o perché viene abbandonato dai genitori che vogliono liberarsi di lui. Il bosco è pieno di pericoli ignoti e di figure angoscianti e mostruose, proiezioni delle sue paure e delle sue emozioni del momento. Il bambino non sa più tornare indietro da solo, né sa dove andrà a finire perché ha perso la strada. Improvvisamente trova, una casetta. Alle volte per trovarla è aiutato da qualche figura positiva, fata o folletto dei boschi, che gli regala un "oggetto" magico, utile al momento opportuno. In certe fiabe la casa esternamente è bellissima, fatta tutta di zucchero e cioccolato, ma dentro a volte abita una strega cattiva che mangia i bambini al forno dopo averli rimpinzati. Spesso però troveranno una casa dove li aspetta una buona accoglienza da parte di una famiglia di animali buoni (orsi). Odore di cibo, atmosfera simpatica, e figli allegri. Da qui il bambino dopo un certo periodo di permanenza come in famiglia, potrà ritornare alla sua casa dove i genitori lo accoglieranno con gioia. Ora il bambino non è più come prima, è maturato, ha capito molte cose della vita e potrà aiutare i genitori nel loro lavoro. Separarsi dal territorio familiare, amico e conosciuto, è come perdersi nel bosco, importante è trovare la casetta-asilo che accoglie e protegge.
"Due mesi fa, al momento dell'inserimento di mia figlia all'asilo, pensavo di non aver nessun tipo di problema, anche perché mi ero già praticamente staccata da lei quando ho ripreso a lavorare. Allora l'avevo presa un po' male e credevo di essere ormai vaccinata. Devo dire che ero contenta di inserire mia figlia all'asilo, e in questo asilo.” Così esordì una madre, di professione psichiatra, intervenendo in un'assemblea di genitori che aveva come argomento la separazione dai figli.- "Per le prime due settimane, infatti, tutto tranquillo, sembrava che non ci fossero problemi... Poi una sera sono andata a letto e non sono assolutamente riuscita a dormire, una tremenda crisi di insonnia. Strano, perché non ne avevo mai sofferto. Mi sono alzata, ero molto nervosa, e mi sono messa a fumare una sigaretta, poi ho mangiato, sono passate delle ore, ma sonno niente. Ad un tratto, mentre cercavo di riflettere, ho avvertito come un'associazione improvvisa: mi è balenato in mente l'idea che mia figlia se ne andava perché ormai era grande, non era più solo mia...”[…]
 Ogni anno si rinnovano i riti della separazione, con i bambini che arrivano per la prima volta all'asilo. Ricompaiono i loro pianti e i loro dolori, le emozioni delle madri, il coinvolgimento più controllato e contenuto dei padri, le tensioni degli educatori che s'identificano con i bambini, e spesso anche con i genitori. Conosco molto bene queste sofferenze, so cosa significhi inserirsi in un mondo nuovo pieno di incognite e di punti interrogativi, che agli occhi dei piccoli probabilmente appare popolato da nemici che vogliono sottrarli alla loro mamma. Conosco anche le ansie dei genitori e degli educatori, che di fronte al pianto disperato del bambino sentono risvegliarsi in loro stessi le personali esperienze vissute nel passato. Ma ho imparato quanto sia importante questo momento per l'evoluzione e la crescita del bambino e per il suo rapporto con i genitori: superata questa fase difficile, s'innescherà in lui il desiderio di crescere e di conquistare il mondo, liberando la sua innata curiosità di capire e apprendere. L'inserimento all'asilo, infatti, lo aiuta a distaccarsi dalla simbiosi che ha instaurato con la madre, consentendogli di iniziare il suo lento cammino verso la realtà. 
Conosco molto bene questi fattori e altri ancora, non solo grazie ai  miei personali vissuti, ma anche per la concreta esperienza del mio lavoro. Eppure per quanto possa essere consapevole che la separazione di un bambino dai suoi genitori è giusta e sana, e che la mia opera di educatore lo sta di fatto aiutando, e per quanto possa essere ormai vaccinato da identificazioni troppo coinvolgenti, ogni anno, al momento dell'inserimento, riprovo le stesse emozioni. Quando vedo un bambino arrivare all'asilo un po’ riluttante e sospettoso, abbracciato alla sua mamma, con il viso nascosto tra il collo e la spalla di lei per non vedere nessuno, o abbarbicato ai calzoni del papà mentre lancia occhiate arrabbiate e impaurite agli estranei che lo circondano, sento ogni volta un senso profondo di tenerezza misto a un'ansia sottile, che s'instaura in particolare quando mi accorgo che anche il viso dei genitori esprime un certo disagio o addirittura tensione. Mi chiedo sempre se sarò capace di affrontare nuovamente questo piccolo dramma, e rendere Il distacco quanto più possibile facile, privo di grandi sofferenze. Gran parte della responsabilità di una buona riuscita nella separazione  dipende, infatti, proprio dall'educatore che, nel rapporto nuovo elle si viene  a delineare gradatamente, è la persona che ha le maggiori possibilità capire e intervenire in modo equilibrato e corretto. Da come riusciremo a sentire i problemi e i vissuti che intercorrono tra madre e figlio al momento del loro arrivo all'asilo, dal modo di impostare il distacco, dipende  la futura capacità del bambino di socializzare e giocare, per poi ritornare dai genitori con una capacità diversa e più evoluta di amarli e di rapportarsi a loro. […]Accogliere e inserire il bambino all'asilo non è mai diventato dunque una routine, perché al di là di ciò che può apparire dai rituali esteriori di comportamento, nella realtà concreta sorgono  sempre emozioni  nuove che non rendono mai questi momenti, pur faticosi e difficili, noiosi o ripetitivi. A ogni bambino e a ogni madre sono debitore di qualcosa di nuovo,di un  passo avanti verso la comprensione e la maturazione di questi problemi.[…].
Cosa prova il bambino in questo momento? Sia che pianga e si disperi, sia invece che cerchi di farsi forza o al limite che neghi in modo magico e onnipotente la sua sofferenza, si sente come se fosse nel vuoto, senza appoggio né sicurezza, abbandonato dalla mamma e perciò con la sensazione di aver perduto il terreno sotto i piedi. È come se gli fosse stato strappato con la forza quell'immaginario cordone ombelicale che lo legava alla madre. Nessuna logica, nessun discorso razionale né tanto meno un approccio seduttivo degli educatori riuscirà ad arginare durante le primissime fasi del distacco la paura di aver perduto la mamma per sempre. È come una  momentanea follia che travolge ogni capacità di ascoltate e capire. In questi momenti, nel prenderlo in braccio, nel rassicurarlo, e nel dimostrargli tutta la nostra comprensione e disponibilità, possiamo renderci conto se ciò che abbiamo seminato è stato sufficiente per costruire un embrionale rapporto con lui. Dobbiamo essergli vicini per confermare il ritorno della mamma, con dolcezza ma spesso anche con decisione; dobbiamo garantirgli un contenimento per le sue rabbie, e offrirgli tutto ciò che serve per arginare i suoi sentimenti e le sue emozioni troppo intense[…].
Mi vengono in mente a questo punto delle immagini che spesso incontriamo nelle fiabe, e che possono rendere abbastanza bene il significato del la separazione. Quando le raccontiamo ai bambini piacciono molto, forse proprio per gli elementi di realtà inconscia che contengono e in cui possono identificarsi. Penso, per esempio, al bambino che si perde nel bosco: per caso, oppure perché è scappato da casa, o perché viene abbandonato dai genitori che vogliono liberarsi di lui. Il bosco è pieno di pericoli ignoti e di figure angoscianti e mostruose, proiezioni delle sue paure e delle sue emozioni del momento. Il bambino non sa più tornare indietro da solo, né sa dove andrà a finire perché ha perso la strada. Improvvisamente trova, una casetta. Alle volte per trovarla è aiutato da qualche figura positiva, fata o folletto dei boschi, che gli regala un "oggetto" magico, utile al momento opportuno. In certe fiabe la casa esternamente è bellissima, fatta tutta di zucchero e cioccolato, ma dentro a volte abita una strega cattiva che mangia i bambini al forno dopo averli rimpinzati. Spesso però troveranno una casa dove li aspetta una buona accoglienza da parte di una famiglia di animali buoni (orsi). Odore di cibo, atmosfera simpatica, e figli allegri. Da qui il bambino dopo un certo periodo di permanenza come in famiglia, potrà ritornare alla sua casa dove i genitori lo accoglieranno con gioia. Ora il bambino non è più come prima, è maturato, ha capito molte cose della vita e potrà aiutare i genitori nel loro lavoro. Separarsi dal territorio familiare, amico e conosciuto, è come perdersi nel bosco, importante è trovare la casetta-asilo che accoglie e protegge.
L.Rosenholz, Il Cigno magico diaro di un educatore, MIMESIS, 2010. 

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