Il brano di oggi viene dal libro di Loris Rosenholz, Il cigno magico, dove egli racconta la sua esperienza nell'asilo di Piazza Aquileia a Milano, da lui fondato. L'asilo, fondato nel 1966, fu un centro di avanguardia per la sua modalità di lavoro: la pedagogia della relazione. L'accudimento emotivo diventa l'ambiente ottimale per la crescita intelluettuale e sociale del bambino. Rosenholz ho poi proseguito il suo lavoro come supervisore per alcuni asili privati e pubblici, tra cui per molti anni alla Casetta.
E’ bello stare
all'asilo", dice un bambino di 4 anni, trasportato dall'entusiasmo mentre
gioca con un amico. "E’ come l'ufficio dei bambini". E, dopo una
pausa di riflessione, aggiunge: "... E il gioco è il loro lavoro!"[…]
Una bambina di 5 anni inizia una conversazione con un gruppo di coetanei
in questo modo: "L'asilo mi sembra la casa dei piccoli, qui mangi, giochi,
dormi..." Un'altra bambina la interrompe: "Sì, e fai la pipì, la
cacca..." Risate tutto attorno. Prima bambina: "Stupida, mica scherzavo,
qui noi facciamo anche le cose che a casa non si può. Saltiamo, facciamo un po'
casino, è come una casa... però è la casa dei bambini." Un terzo bambino:
"Io dico che l'asilo è la nostra tana"– E poi aggiunge con voce
emozionata: "...era il rifugio che i grandi non ci trovavano... però solo
ogni tanto, eh...!" "Sì... solo per gioco" interviene un altro
"Se no come facciamo a vivere sempre qui?" Silenzio e riflessione
generale in un'atmosfera sospesa, di leggera tensione, rotta all'improvviso
dalla prima bambina che con fare deciso dice: "Noo... l'asilo è COME SE
FOSSE una casa ma poi si ritorna dalla mamma!" E dopo questa frase
rassicurante la tensione crolla e tutti riprendono a giocare.
Conversazioni e affermazioni come queste ne ho sentite tantissime
nel corso degli anni. A parte i casi (rari, almeno da me) in cui l'asilo viene
accostato alla scuola elementare, soprattutto da bambini che ne sono alle
soglie, l'immagine più frequente con cui viene vissuto è quella di una
"casa o ufficio dei bambini" o, in modo più fiabesco, quella di un
"luogo magico” dove avvengono, come sul palcoscenico di un teatro, delle
rappresentazioni giocate dai bambini con estrema serietà, quasi fossero vere e
reali. Che l'asilo possa essere identificato con una casa — di bambini,
s'intende — non è difficile da capire soprattutto se si pensa che le abitazioni
di città non lasciano molto spazio alla loro fantasia e al loro movimento.
Quante volte i piccoli si sentono apostrofare dai genitori, spesso a ragione,
con frasi del tipo: "Quando la smetti di giocare ai cow-boys in salotto?
Quante volte devo dirti che il divano e le poltrone non sono dei cavalli?"
. Oppure, con aggressività repressa: "Guarda tesoro che quello è il
coperchio della pentola, non uno scudo... e quello
è il mestolo, non una spada." O ancora: "Maria, non infilarti le
mie scarpe con i tacchi, ti farai male e me le rovini..."
Si potrebbe
continuare a lungo con la sequela di proibizioni e limiti che siamo costretti a
imporre giornalmente ai nostri figli. L’appartamento dove abitiamo è per lo più
un territorio per adulti anche se, appena è possibile, riserviamo ai bambini
uno spazio tutto per loro.é[…]Anche nei casi migliori, la stanza di un bambino,
per quanto importante perché si senta a proprio agio, non è ancora un posto
ideale per lui che non sempre ama giocare da solo, lontano dagli sguardi dei
genitori. Se poi la stanza la deve dividere con un fratello o con una sorella,
può diventare fonte di litigi e tensioni, più che un luogo, dove giocare o
rifugiarsi nelle proprie fantasticherie. E bisogna anche considerare che il
luogo dove il bambino dorme assume delle valenze molto particolari che nessun
altro locale può avere (infatti suscita spesso reazioni ambivalenti: viene amato
e rifiutato, allo stesso tempo). È vero che qui il bambino ritrova i suoi
giochi, il suo orsacchiotto o straccetto preferito che lo attende per
affrontare la notte assieme, e persino un certo odore nell'aria
molto personale, che rende l'ambiente più rassicurante e familiare. Però è pure
qui che si ritrova a sognare e svegliarsi dopo un incubo, quando la paura fa
emergere il desiderio di scappare nella stanza dei genitori e di infilarsi
nel lettone. Ed è qui che abitano, a
volte, alcuni "fantasmi", che escono dagli oggetti investiti
emotivamente, come i loro stessi giocattoli che possono diventare presenze notturne inquietanti. Ecco il racconto di un bambino di 5
anni "lo di notte immagino che i miei robot e i
Superman si muovano e mi guardino ed ho paura….sento anche dei rumori, un
casino…tutti i giocattoli si mettono in movimento. L’altra settimana ho sognato
che la mia stanza era come un disco volante: si alzava alta nel cielo e volava,
volava,e io ero dentro al mio letto; prima avevo un po' paura ma poi mi è passata perché la
stanza atterrava qui nell’asilo e non avevo più paura. C'erano i miei amici,
poi ho visto l'Erminia (un’educatrice) e Loris, e i giochi non si sono più
mossi.”
Giocare all'asilo dà
più sicurezza al bambino per la presenza di adulti meno coinvolti dei genitori
da rapporti affettivi viscerali, ma anche per il territorio stesso dell’asilo,
più neutrale di quello della casa, dove le paure condivise dai compagni di"viaggio"
svaniscono più facilmente. Questo
processo di rassicurazione col tempo potrà persino portare il bambino a sentire
l'asilo come uno spazio di sua esclusiva proprietà.
“ Cosa hai fatto oggi all'asilo?" Con chi hai giocato?"
“Niente… non mi ricordo..."
“Con chi hai giocato? “
“Con nessuno “.
" Allora il genitore, con voce suadente, cerca di aggirare astutamente
l’ostacolo: “Quali sono i tuoi giochi preferiti all'asilo?" “Nessuno".
Con sempre maggiore nervosismo per
questa esclusione la mamma incalza:” Possibile che non fai mai niente? ...
Perché non lo vuoi dire alla tua mamma?”
“Perché.. uffa non te lo dico, è un segreto!"
IL SEGRETO! Che bello escludere la mamma e il papà dai
giochi e dell’attività dell’asilo! Resta un tempo sospeso, un territorio a cui
i genitori raramente possono accedere almeno per un certo tempo, nemmeno
attraverso le parole dei figli.
C’è un periodo più o meno lungo di cui parleremo più avanti,
in cui il bambino attraversa l’esperienza difficile della separazione-inserimento
e dell’ambientazione dell’asilo. Ma superata questa fase, incomincia lentamente
a sentirsi padrone del piccolo-grande mondo
dove gioca, dove condivide con gli altri compagni i suoi stati d'animo, e da cui può escludere
provvisoriamente i genitori per staccarsi meglio da loro. Può affermare il suo
io in modo più attivo di prima, diventando l’artefice di questo processo d’indipendenza,
in quanto "cittadino" a tutti gli effetti del proprio territorio, con i diritti e i doveri verso le leggi
vigenti nel territorio stesso che noi adulti abbiamo emanato nel rispetto delle
esigenze di tutti. E un po' la "revanche" del bambino che riesce a
capovolgere la situazione: ora sono gli adulti ad essere esclusi e gelosi!
Questa fase di segretezza e di misteri per lo più non dura a lungo, e non si
verifica rigidamente per tutti i bambini. Col tempo i genitori saranno informati
dal figlio stesso, ma l'iniziativa dovrà essere sua, sarà lui a decidere quando
e cosa dire del suo mondo "segreto”.
L.Rosenholz, Il Cigno magico diaro di un educatore, MIMESIS, 2010.
Nessun commento:
Posta un commento