Terzo appuntamento con le conferenze della Casetta per il trentennale. Questa volta si parla di fiabe: la dottoressa Carretti affronta un tema caro a tutti i bambini: "Mi racconti una storia ?". Chissà quante volte chi si occupa di bambini, si è sentito dire questa frase. Ma perché i bambini sono da sempre attratti da "I tre porcellini" o da "Biancaneve" ? Scopriamolo insieme a Bruno Bettelheim che,in questo famoso saggio esplora tutti gli aspetti e i significati delle fiabe.
Perché
le fiabe sono state messe al bando?
Secondo
certuni le fiabe non presentano quadri "veritieri" della
vita, e quindi non sono sane. Essi non pensano che la "verità"
nella vita di un bambino può essere diversa da quella degli adulti.
Non si rendono conto che le fiabe non cercano di descrivere il mondo
esterno e la "realtà." Né riconoscono che nessun bambino
sano di mente crede mai che queste fiabe descrivano il mondo in modo
realistico. Certi genitori temono, raccontando ai loro figlioletti
gli eventi fantastici contenuti nelle fiabe, di dir loro delle
"bugie." La loro preoccupazione trova alimento nella
domanda del bambino: "È vero?". Molte fiabe offrono una
risposta ancor prima che la domanda possa essere posta: cioè proprio
all'inizio della storia. Per esempio, Alì Babà e i
quaranta ladroni comincia così: "In tempi antichi, in
remote stagioni..." La storia dei fratelli Grimm Il Re
ranocchio si apre con la frase: "Anticamente, quando
desiderare era ancora efficace”. Inizi del genere fanno capire
molto chiaramente che le storie si svolgono a un livello molto
diverso da quello della "realtà" quotidiana. Altre fiabe,
invece, cominciano in modo molto realistico: "C'erano una volta
un uomo e una donna che avevano a lungo desiderato invano un figlio."
Ma il bambino che ha dimestichezza con le fiabe estende sempre nella
sua mente le epoche antiche fino a farle significare "nel paese
della fantasia”.
[...]
La
"verità" delle fiabe è la
verità
della nostra
immaginazione,
non quella
dei normali rapporti di causa ed effetto; Tolkien,
a proposito
della
domanda: "E'
vero?" osserva che "Non
è una domanda
a cui si
possa
rispondere
in modo avventato o distratto”. “Egli
aggiunge
che molto
più
importante per il bambino è la
domanda: 'E'
stato
buono
o E' stato cattivo?'
Cioè al
bambino:
sta più
a
cuore capire chiaramente
chi è dalla parte del giusto e chi dalla parte
del
torto."
Prima
che un bambino possa venire alle prese con
la realtà,
deve
disporre
di una base di principi per poterla
giudicare. Quando
chiede
se una storia è vera, vuol sapere se essa contribuisce
con
qualcosa
d'importante alla sua comprensione delle cose,
e se ha
qualcosa di illuminante da dirgli circa quelle che sono le sue
principali preoccupazioni. La risposta all'interrogativo se la fiaba
dice la verità dovrebbe rivolgersi non alle questione della verità
in termini fattuali, ma a quello che al momento preoccupa il bambino,
si tratti della sua paura di poter essere stregato oppure dei suoi
sentimenti di rivalità edipica. Per il resto, la spiegazione che
queste storie non avvengono nel proprio paese e nella propria epoca,
ma in una remota terra fuori dal tempo è abbastanza sufficiente. Un
genitore che in base all'esperienza della propria infanzia è
convinto del valore delle fiabe non avrà difficoltà a rispondere
alle domande del proprio figlioletto, ma un adulto che giudica queste
storie solo un mucchio di frottole farebbe meglio a non cercare di
raccontarle: non sarebbe in grado di esporle in un modo capace di
arricchire la vita del bambino.
Certi
genitori temono che i loro figlioletti possano lasciarsi trascinare
dalle loro fantasie, che esposti alle fiabe, finiscano per credere
nella magia. Ma ogni bambino crede nella magia e cessa di farlo
quando diventa grande (ad eccezione di coloro che sono stati troppo
delusi della realtà per essere in grado di riporre fiducia nelle sue
ricompense.)[...]
Altri
genitori temono che la mente
di
un
bambino
possa fare una tale
indigestione di fantasie fiabesche, da
trascurare d'imparare come si
affronta la realtà. Ma è vero il contrario. Per quanto una persona
sia
complessa — piena di conflitti, ambivalenze, contraddizioni — la
personalità
umana è indivisibile. Quale che possa essere un'esperienza
essa
coinvolge
sempre contemporaneamente
tutti
gli aspetti della personalità.
E la personalità totale, per essere capace di affrontare la vita,
deve poter essere sostenuta da una ricca fantasia combinata con una
ferma
coscienza e una chiara comprensione della realtà.
[...]
Freud
disse che il pensiero è un'esplorazione di possibilità che evita
tutti i pericoli insiti nella vera e propria sperimentazione. Il
pensiero richiede uno scarso dispendio di energia, così da
lasciarci energia disponibile per l'azione dopo che abbiamo raggiunto
delle decisioni attraverso una riflessione sulle possibilità di
successo e sul sistema migliore per raggiungerlo. Questo è vero per
gli adulti; per esempio, lo scienziato “gioca con le idee” prima
di cominciare ad approfondire in modo più sistematico. Ma
i pensieri del bambino piccolo
non si susseguono con ordine, a differenza da quelli dell'adulto:
le fantasticherie del bambino sono i suoi stessi pensieri. Quando
un bambino cerca di comprendere sé
stesso e gli altri, o di calcolare
quali possono essere le conseguenze di particolari azioni, intesse
delle
fantasie su questi problemi. E'
il suo modo particolare di "giocare
con le idee." Offrire a un bambino il pensiero razionale come il
suo
principale strumento per distinguere i propri sentimenti e
comprendere
il mondo avrebbe l'unico effetto di confonderlo e di limitarlo. [...]
Se
veniamo privati di questa risorsa
naturale, la nostra
vita rimane limitata; senza fantasie che ci diano speranza, non
abbiamo
la forza di affrontare le avversità della vita. L'infanzia è li
periodo in cui queste fantasie devono essere alimentate.
Noi
incoraggiamo le fantasie dei nostri bambini; gli diciamo di dipingere
quello che vogliono, o d'inventare
delle storie.
Ma privato del nostro
comune retaggio fantastico, cioè della fiaba popolare, il bambino
non può inventare da solo storie che l'aiutino ad affrontare i
problemi
della vita. Tutte le storie che può inventare sono semplicemente
espressioni dei suoi desideri e delle sue ansie. Affidandosi alle
proprie risorse,
tutt'al più
il bambino può immaginare elaborazioni della sua situazione
presente, dato che non può sapere quale direzione deve prendere,
né come deve comportarsi durante il suo viaggio. E'
qui
che in fiaba
fornisce al bambino ciò di cui ha maggiormente
bisogno: essa inizia
esattamente dove il bambino si trova dal punto di vista emotivo, gli
mostra dove deve andare, e come deve procedere. Ma la fiaba ottiene
questo scopo per via indiretta, sotto forma di materiale fantastico
da
cui il bambino può attingere quanto gli sembra meglio, e mediante
immagini
che gli facilitano la comprensione di quanto è essenziale che
capisca.
[...]
I
genitori desiderano credere che se un bambino li vede come matrigne,
streghe o giganti, ciò non ha niente a che vedere con loro e col
modo
in cui, essi a volte gli appaiono, ma è soltanto il risultato di
storie
da lui sentite. Questi genitori sperano che se al loro figlioletto
viene
impedito di venire a conoscenza di figure del genere, egli non vedrà
i propri genitori sotto quest'immagine. Secondo una totale inversione
di cui rimangono in ampia misura inconsapevoli, tali genitori
ingannano
se stessi convincendosi che se il bambino li vede così ciò è
dovuto alle storie che gli sono state raccontate, mentre è vero
esattamente
il contrario: le fiabe piacciono tanto al bambino non perché le
immagini
che vi trova si conformano a quanto avviene in lui ma perché-
nonostante
tutti gl'iracondi e ansiosi pensieri concepiti dalla
sua
mente a cui la fiaba dà corpo e contenuto specifico- queste storie
hanno
sempre un esito felice, che il bambino non può immaginare
da solo.
[...]
Come
raccontare le fiabe
Perché
possa comunicare appieno i suoi messaggi
consolatori, i suoi significati simbolici,
e, soprattutto, i suoi significati
interpersonali, una fiaba
dovrebbe essere raccontata piuttosto che letta. In questo secondo
caso,
chi legge dovrebbe essere coinvolto emotivamente sia dalla storia
sia dal bambino, provare un senso di empatia per quanto la
storia può significare
per lui. La narrazione è preferibile alla lettura perché permette
una maggior flessibilità. [...]
Se
l'ascolto di
una fiaba permette a un bambino di ottenere questo
risultato per
sé
stesso,
questa possibilità non fu, nelle intenzioni coscienti né
di coloro
che
in un, remoto passato inventarono una storia né
di tutti, coloro che la
tramandarono a viva voce da una generazione all'altra. [...]
Una
fiaba è soprattutto un opera d'arte, di cui Goethe disse nel suo
prologo al Faust “ Chi offre molte cose ne offrirà qualcuna a
molti”. Ciò implica che ogni tentativo intenzionale di offrire
qualcuna di specifico a una particolare persona non può essere lo
scopo di un opera d'arte. Ascoltare una fiaba e recepire le immagini
che essa presenta può essere paragonato a uno spargimento di semi,
che solo in parte germogliano nella mente del bambino. Alcuni di essi
hanno effetto nella sua mente; altri stimolano processi nel suo
inconscio. Altri ancora hanno bisogno di riposare a lungo fino a che
la mente del bambino abbia raggiunto uno stadio idoneo alla loro
germinazione, e molti non metteranno mai radici. Ma quei semi che
sono caduti sul terreno adatto produrranno fiori meravigliosi e
alberi gagliardi, cioè daranno validità a importanti sentimenti,
incoraggeranno intuizioni, nutriranno speranze, ridurranno ansie, e
così facendo arricchiranno
la vita del bambino nel
presente e per il resto della sua vita.
Se
il genitore racconta delle fiabe al proprio figlioletto nel giusto
spirito- cioè con sentimenti evocati in lui stesso, sia attraverso
il ricordo del significato che la storia aveva per lui quand'era
bambino, sia attraverso il differente significato che presentemente
riveste per lui- il bambino mentre ascolta, si sente compreso nei
suoi più delicati sentimenti, nei suoi ardenti desideri, nelle sue
più gravi ansie e angosce, nonché nelle sue più fervide speranze.
BRUNO BETTELHEIM, IL MONDO INCANTATO uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, UNIVERSALE ECONOMICA FELTRINELLI 2008.
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