domenica 28 febbraio 2016

Il mondo Incantato

 



Terzo appuntamento con le conferenze della Casetta per il trentennale. Questa volta si parla di fiabe: la dottoressa Carretti affronta un tema caro a tutti i bambini: "Mi racconti una storia ?". Chissà quante volte chi si occupa di bambini, si è sentito dire questa frase. Ma perché i bambini sono da sempre attratti da "I tre porcellini" o da "Biancaneve" ? Scopriamolo insieme a Bruno Bettelheim che,in questo famoso saggio esplora tutti gli aspetti e i significati delle fiabe.



Perché le fiabe sono state messe al bando?



Secondo certuni le fiabe non presentano quadri "veritieri" della vita, e quindi non sono sane. Essi non pensano che la "verità" nella vita di un bambino può essere diversa da quella degli adulti. Non si rendono conto che le fiabe non cercano di descrivere il mondo esterno e la "realtà." Né riconoscono che nessun bambino sano di mente crede mai che queste fiabe descrivano il mondo in modo realistico. Certi genitori temono, raccontando ai loro figlioletti gli eventi fantastici contenuti nelle fiabe, di dir loro delle "bugie." La loro preoccupazione trova alimento nella domanda del bambino: "È vero?". Molte fiabe offrono una risposta ancor prima che la domanda possa essere posta: cioè proprio all'inizio della storia. Per esempio, Alì Babà e i quaranta ladroni comincia così: "In tempi antichi, in remote stagioni..." La storia dei fratelli Grimm Il Re ranocchio si apre con la frase: "Anticamente, quando desiderare era ancora efficace”. Inizi del genere fanno capire molto chiaramente che le storie si svolgono a un livello molto diverso da quello della "realtà" quotidiana. Altre fiabe, invece, cominciano in modo molto realistico: "C'erano una volta un uomo e una donna che avevano a lungo desiderato invano un figlio." Ma il bambino che ha dimestichezza con le fiabe estende sempre nella sua mente le epoche antiche fino a farle significare "nel paese della fantasia”. 
[...]




    La "verità" delle fiabe è la verità della nostra immaginazione, non quella dei normali rapporti di causa ed effetto; Tolkien, a proposito della domanda: "E' vero?" osserva che "Non è una domanda a cui si possa rispondere in modo avventato o distratto”. “Egli aggiunge che molto più importante per il bambino è la domanda: 'E' stato buono o E' stato cattivo?' Cioè al bambino: sta più a cuore capire chiaramente chi è dalla parte del giusto e chi dalla parte del torto."

Prima che un bambino possa venire alle prese con la realtà, deve disporre di una base di principi per poterla giudicare. Quando chiede se una storia è vera, vuol sapere se essa contribuisce con qualcosa d'importante alla sua comprensione delle cose, e se ha qualcosa di illuminante da dirgli circa quelle che sono le sue principali preoccupazioni. La risposta all'interrogativo se la fiaba dice la verità dovrebbe rivolgersi non alle questione della verità in termini fattuali, ma a quello che al momento preoccupa il bambino, si tratti della sua paura di poter essere stregato oppure dei suoi sentimenti di rivalità edipica. Per il resto, la spiegazione che queste storie non avvengono nel proprio paese e nella propria epoca, ma in una remota terra fuori dal tempo è abbastanza sufficiente. Un genitore che in base all'esperienza della propria infanzia è convinto del valore delle fiabe non avrà difficoltà a rispondere alle domande del proprio figlioletto, ma un adulto che giudica queste storie solo un mucchio di frottole farebbe meglio a non cercare di raccontarle: non sarebbe in grado di esporle in un modo capace di arricchire la vita del bambino.



Certi genitori temono che i loro figlioletti possano lasciarsi trascinare dalle loro fantasie, che esposti alle fiabe, finiscano per credere nella magia. Ma ogni bambino crede nella magia e cessa di farlo quando diventa grande (ad eccezione di coloro che sono stati troppo delusi della realtà per essere in grado di riporre fiducia nelle sue ricompense.)[...]



Altri genitori temono che la mente di un bambino possa fare una tale indigestione di fantasie fiabesche, da trascurare d'imparare come si affronta la realtà. Ma è vero il contrario. Per quanto una persona sia complessa — piena di conflitti, ambivalenze, contraddizioni — la personalità umana è indivisibile. Quale che possa essere un'esperienza essa coinvolge sempre contemporaneamente tutti gli aspetti della personalità. E la personalità totale, per essere capace di affrontare la vita, deve poter essere sostenuta da una ricca fantasia combinata con una ferma coscienza e una chiara comprensione della realtà. [...]

Freud disse che il pensiero è un'esplorazione di possibilità che evita tutti i pericoli insiti nella vera e propria sperimentazione. Il pensiero richiede uno scarso dispendio di energia, così da lasciarci energia disponibile per l'azione dopo che abbiamo raggiunto delle decisioni attraverso una riflessione sulle possibilità di successo e sul sistema migliore per raggiungerlo. Questo è vero per gli adulti; per esempio, lo scienziato “gioca con le idee” prima di cominciare ad approfondire in modo più sistematico. Ma i pensieri del bambino piccolo non si susseguono con ordine, a differenza da quelli dell'adulto: le fantasticherie del bambino sono i suoi stessi pensieri. Quando un bambino cerca di comprendere stesso e gli altri, o di calcolare quali possono essere le conseguenze di particolari azioni, intesse delle fantasie su questi problemi. E' il suo modo particolare di "giocare con le idee." Offrire a un bambino il pensiero razionale come il suo principale strumento per distinguere i propri sentimenti e comprendere il mondo avrebbe l'unico effetto di confonderlo e di limitarlo. [...]

Se veniamo privati di questa risorsa naturale, la nostra vita rimane limitata; senza fantasie che ci diano speranza, non abbiamo la forza di affrontare le avversità della vita. L'infanzia è li periodo in cui queste fantasie devono essere alimentate.

Noi incoraggiamo le fantasie dei nostri bambini; gli diciamo di dipingere quello che vogliono, o d'inventare delle storie. Ma privato del nostro comune retaggio fantastico, cioè della fiaba popolare, il bambino non può inventare da solo storie che l'aiutino ad affrontare i problemi della vita. Tutte le storie che può inventare sono semplicemente espressioni dei suoi desideri e delle sue ansie. Affidandosi alle proprie risorse, tutt'al più il bambino può immaginare elaborazioni della sua situazione presente, dato che non può sapere quale direzione deve prendere, né come deve comportarsi durante il suo viaggio. E' qui che in fiaba fornisce al bambino ciò di cui ha maggiormente bisogno: essa inizia esattamente dove il bambino si trova dal punto di vista emotivo, gli mostra dove deve andare, e come deve procedere. Ma la fiaba ottiene questo scopo per via indiretta, sotto forma di materiale fantastico da cui il bambino può attingere quanto gli sembra meglio, e mediante immagini che gli facilitano la comprensione di quanto è essenziale che capisca. [...]



I genitori desiderano credere che se un bambino li vede come matrigne, streghe o giganti, ciò non ha niente a che vedere con loro e col modo in cui, essi a volte gli appaiono, ma è soltanto il risultato di storie da lui sentite. Questi genitori sperano che se al loro figlioletto viene impedito di venire a conoscenza di figure del genere, egli non vedrà i propri genitori sotto quest'immagine. Secondo una totale inversione di cui rimangono in ampia misura inconsapevoli, tali genitori ingannano se stessi convincendosi che se il bambino li vede così ciò è dovuto alle storie che gli sono state raccontate, mentre è vero esattamente il contrario: le fiabe piacciono tanto al bambino non perché le immagini che vi trova si conformano a quanto avviene in lui ma perché- nonostante tutti gl'iracondi e ansiosi pensieri concepiti dalla sua mente a cui la fiaba dà corpo e contenuto specifico- queste storie hanno sempre un esito felice, che il bambino non può immaginare da solo. [...]

Come raccontare le fiabe

Perché possa comunicare appieno i suoi messaggi consolatori, i suoi significati simbolici, e, soprattutto, i suoi significati interpersonali, una fiaba dovrebbe essere raccontata piuttosto che letta. In questo secondo caso, chi legge dovrebbe essere coinvolto emotivamente sia dalla storia sia dal bambino, provare un senso di empatia per quanto la storia può significare per lui. La narrazione è preferibile alla lettura perché permette una maggior flessibilità. [...]



Se l'ascolto di una fiaba permette a un bambino di ottenere questo risultato per sé stesso, questa possibilità non fu, nelle intenzioni coscienti né di coloro che in un, remoto passato inventarono una storia né di tutti, coloro che la tramandarono a viva voce da una generazione all'altra. [...]

Una fiaba è soprattutto un opera d'arte, di cui Goethe disse nel suo prologo al Faust “ Chi offre molte cose ne offrirà qualcuna a molti”. Ciò implica che ogni tentativo intenzionale di offrire qualcuna di specifico a una particolare persona non può essere lo scopo di un opera d'arte. Ascoltare una fiaba e recepire le immagini che essa presenta può essere paragonato a uno spargimento di semi, che solo in parte germogliano nella mente del bambino. Alcuni di essi hanno effetto nella sua mente; altri stimolano processi nel suo inconscio. Altri ancora hanno bisogno di riposare a lungo fino a che la mente del bambino abbia raggiunto uno stadio idoneo alla loro germinazione, e molti non metteranno mai radici. Ma quei semi che sono caduti sul terreno adatto produrranno fiori meravigliosi e alberi gagliardi, cioè daranno validità a importanti sentimenti, incoraggeranno intuizioni, nutriranno speranze, ridurranno ansie, e così facendo arricchiranno la vita del bambino nel presente e per il resto della sua vita.

Se il genitore racconta delle fiabe al proprio figlioletto nel giusto spirito- cioè con sentimenti evocati in lui stesso, sia attraverso il ricordo del significato che la storia aveva per lui quand'era bambino, sia attraverso il differente significato che presentemente riveste per lui- il bambino mentre ascolta, si sente compreso nei suoi più delicati sentimenti, nei suoi ardenti desideri, nelle sue più gravi ansie e angosce, nonché nelle sue più fervide speranze. 
BRUNO BETTELHEIM, IL MONDO INCANTATO uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, UNIVERSALE ECONOMICA FELTRINELLI 2008.








Nessun commento: