Questo racconto è stato
elaborato sulla base dei risultati dei corsi di formazione organizzati da
Archè, a favore delle insegnati e delle coordinatrici delle scuole affiliate
alla FISM di Udine . In questi corsi le insegnanti che vi partecipavano portavano delle osservazioni sulle loro esperienze quotidiane, che venivano discusse con le docenti del corso e le altre allieve. Sicuramente questo racconto mostra un pezzetto di vita dei bambini alla scuola materna e le difficoltà che possono incontrare, ma racconta anche altro: come nella routine quotidiana a volte ci dimentichiamo di ascoltare i bambini e di come certe volte anche "i grandi"possono chiedere scusa. Cosa ne pensate? Aspettiamo le vostre opinioni !!!
Momento del pranzo. I bambini hanno ormai terminato di mangiare, mancano solo i soliti ritardatari, quelli a cui piace essere aiutati e quelli che, vista la situazione ne approfittano per chiacchierare. I bimbi piccoli iniziano a manifestare una certa agitazione, non riescono più a stare seduti al loro posto ed usano un tono di voce più alto del solito. Se poi si considera che il refettorio accoglie a mezzogiorno un numero di bambini che sfiora i 120…non è difficile immaginare il clima caotico che si viene a creare se per un qualche motivo la situazione sfugge dal controllo.
R.: “ Quel giorno ero indaffaratissima, stavo
raccogliendo i piatti e facevo la spola fra tutti i tavoli e i carrelli
cercando di velocizzare l’uscita da quella stanza che velocemente si stava
trasformando in un caotico agglomerato di urla e movimento. Ad un tratto vedo
alcuni bambini venirmi incontro: ognuno di loro ha qualcosa da dirmi, qualcosa
che vuole o qualche oggetto da farmi vedere….ed io proprio non ho tempo. Mi
parlano contemporaneamente mentre le mie orecchie non riescono a distinguere le
voci di chi mi è vicino da quelle sfumate ma rumorose di tutti gli altri. Fra
loro c’è anche S., un bambino di 6 anni. Decido di attirare l’attenzione di
tutti ed assieme ad una mia collega, inizio a togliere i bavaglini e a
riporli nelle apposite buste. Mentre il mio sguardo scorre sui volti di ogni
bambino mi accorgo che S., dal suo posto, mi sta fissando corrucciato, con le
braccia incrociate e la bocca chiaramente arrabbiata. Aveva l’espressione cupa,
sembrava quasi sprofondare nella sedia…e capisco che qualcosa non va. Nel
frattempo i suoi amici si erano già alzati, c’era chi correva, chi si era messo
a giocare, alcuni mi si aggrappavano addosso, ma S. se ne stava
imperterrito lì, come se stesse per esplodere ed aspettasse me per farlo.
Abbasso lo sguardo un attimo; quando lo rialzo lui è lì, di fronte a me, con le
lacrime agli occhi e con voce di rimprovero dice: “ MAESTRA, TU NON MI CAPISCI!!!!”.
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R: “Io sono rimasta senza parole, volevo capire e
scusarmi, ma sapevo che non era il momento giusto, la situazione era troppo
confusa e caotica ed io desideravo avere S. tutto per me, o forse volevo essere
io finalmente tutta per lui. Usciamo dal refettorio e ci prepariamo per andare
nelle stanze. S. era ancora lì con me, stavolta piange e ripete “Tu non mi
capisci” così in mezzo alla confusione più totale gli spiego che non avevo
capito volesse da bere e che se voleva poteva andare in bagno a prendere un
sorso d’acqua. In realtà non penso sia andato a bere, perché non era questo
quello che voleva davvero dirmi, l’acqua era solo un pretesto, la cosiddetta
goccia che fa traboccare il vaso….un vaso colmo di tristezza e senso di non
comprensione nei suoi confronti. L’ho invitato a sedersi accanto a me,
desideravo capire cosa aveva da dirmi, volevo attraversare per un attimo la sua
mente, arrivare ai suoi pensieri, alle sue emozioni, comprendere la sua rabbia
e darle un senso. Lui mi parlava fra i singhiozzi,il suo era un pianto
profondo, vero….dalle sue parole ho capito che la sua non era sete di acqua ma
sete di ascolto!!! Mi sono scusata con lui per la mia grave mancanza. Solo
qualche giorno prima avevo spiegato ai bambini l’importanza di stare seduti a
tavola e di ascoltare prima di parlare, aspettando il proprio turno e tutto
questo l’ho fatto per cercare di rendere il momento del pranzo più piacevole e
rilassante. Ma non ho pensato….stavolta ero stata io a non ascoltare un bambino
e la sua necessità di sentirmi lì anche per lui. Ho chiesto a S. se mi
perdonava, al suo cenno positivo del capo ho capito di aver risolto la
situazione e di aver compreso una cosa molto più importante dell’ordine e della
disciplina.”
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La storia di S. e della sua disperazione, evidenzia anche
delle problematiche comuni di gestione delle routine e di organizzazione degli
spazi all’interno di molte strutture per l’infanzia: . il momento del
pranzo, per essere piacevole e sereno come dovrebbe essere per chiunque, non
dovrebbe radunare in uno stesso luogo 120 bambini.
R: “Questo episodio mi ha fatto riflettere ancora di
più sull’importanza e sulla valenza di doversi fermare semplicemente ad ASCOLTARE i bambini e le loro esigenze…è un verbo
semplicissimo, che richiama però alcuni dei bisogni più accesi e necessari alla
nostra società attuale: fermarsi, osservare, ascoltare pensare e comunicare le
proprie emozioni agli altri”.
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