lunedì 7 dicembre 2015

Che cos'è l'attaccamento?

 


Iniziamo con questo articolo la pubblicazione delle letture per educatori, fatte alla scuola materna "la casetta". Il ciclo delle letture aperto a tutti i lavoratori del settore, è il primo evento per celebrare i trent'anni della scuola. Questa primo scritto, tratto da Nature Culturali, è stato presentato dalla Dott.ssa Varesano. La lettura si focalizza su un punto fondamentale: gli studi sullo sviluppo dell'attaccamento cioè della nascita del legame tra il bambino e la mamma. Il tema è di interesse fondamentale per cui svolge un lavoro all'interno di strutture che si occupano di prima infanzia.






Il termine attaccamento è un termine sempre più diffuso anche nel linguaggio quotidiano per descrivere il tipo di legame forte o debole di una persona. Quando invece si parla di teoria dell'attaccamento ci si riferisce a un campo specifico della ricerca scientifica avviato da John Bowlby (1969), ampliato poi da molti dei suoi successori, che costituisce adesso un corpus di primaria importanza per gli studiosi dell'area evolutiva.[…]. Bowlby, psicoanalista e psichiatra, fondatore, nel 1940, del corso di formazione in psicoterapia infantile alla Tavistock Clinic di Londra, sì rese conto di come avesse bisogno di una nuova lente teorica per la comprensione del tipo di bambini che incontrava nella pratica osservativa quotidiana. Alle radici della teoria dell'attaccamento c'erano la psicoanalisi, la psichiatria, ma anche la teoria evolutiva e l'etologia, lo studio del comportamento degli animali nel loro ambiente di vita. L'intuizione fondamentale di Bowlby era incentrata su come la mancanza di cure materne durante la crescita lasciasse profonde cicatrici sui piccoli di molte specie. Le sue ricerche ricevettero un'importante influenza dalle ricerche di Harry Harlow (Blum, 2002) che mettevano a confronto scimmie allevate dalle proprie madri e altre cresciute in isolamento. Queste ultime presentavano vistosi sintomi, come paura verso le altre scimmie, comportamenti bizzarri, e incapacità di interagire o giocare. Harlow scoprì anche che i piccoli di scimmie allevati in isolamento, dovendo scegliere tra due scimmie artificiali, si aggrappavano a quella ricoperta di spugna morbida e ignoravano la scimmia in metallo duro, nonostante questa tenesse mano una bottiglia di latte; si rivolgevano a quest'ultima solo quando avevano fame, evidenziando come il conforto materno o quello che più vi si avvicinava fosse per loro molto più importante del cibo. Un altro ricercatore, Hinde (1970), osservò che quando erano separati dalle proprie madri i piccoli i primati in un primo momento protestavano, poi mostravano disperazione, e alla fine si isolavano. Questi dati somigliavano a quelli osservati da Bowlby, che sosteneva che anche i neonati umani sono biologicamente predisposti al necessario legame con una figura protettiva e di attaccamento, e che l'assenza continuata di una tale figura, durante la crescita, causa problemi nell'evoluzione psicologica[…]. Bowlby sosteneva che le madri sono di fondamentale importanza per i bambini; rischiando persino l'impopolarità perche si ritenne che incoraggiasse le madri al loro ruolo di casalinghe piuttosto che a quello di lavoratrici. Ma nonostante tutto, molte delle sue idee, hanno ampiamente resistito al vaglio del tempo e delle critiche. Egli fu tra i primi psicologi a porre l'accento sull'importanza dell'evoluzione, poiché capì che il bisogno di vicinanza con la madre avvertita dai neonati umani era cambiato poco rispetto al nostro passato evolutivo di vicinanza con altri primati. Bowlby rimase colpito nell'osservare come le scimmie separate dalle madri si aggrappassero a esse quando le ritrovavano, e dopo un anno dal ricongiungimento, continuassero ancora a mostrarsi più bisognose di contatto e più paurose, e meno esplorative e curiose delle altre di pari età. Sempre Bowlby e colleghi osservarono pattern simili negli umani.[…]. La teoria dell'attaccamento a questo punto era una sorta di teoria spaziale, che dimostrava che più era vicina la figura di attaccamento, più il bambino era felice e rilassato. La figura di attaccamento diventa così una base sicura alla quale tornare quando si è angosciati, e la presenza di questa base sicura dà la fiducia che serve per proiettarsi nel mondo ed esplorarlo. Queste prime ricerche hanno evidenziato l'importanza della vicinanza fisica e le conseguenze causate dalla separazione dalle figure di attaccamento, considerando l'enorme vulnerabilità dei bambini dopo la nascita e il ruolo centrale delle prime esperienze. Bowlby ha definito legami affettivi quei legami che si sviluppano tra genitori e figli, si tratta di legami sociali accompagnati da un potente coinvolgimento emotivo, che si costruiscono nel tempo e si protraggono per tutta la vita.[…]
Nella fase successiva, la teoria dell'attaccamento ampliò la sua portata e complessità; all'idea dell'attaccamento come spazio di contatto, si aggiunse la consapevolezza che non tutti i genitori garantivano Io stesso tipo di base sicura e che differenti stili genitoriali portavano i bambini ad avere differenti modelli relazionali. Questo passaggio fondamentale venne raggiunto grazie a un test empirico abbastanza semplice che conferì un nuovo rigore scientifico alla teoria dell’attaccamento. Il test della Strange Situation fu ideato da Mary Ainsworth (1978), una dei primi allievi di Bowlby, che lavorò in situazioni molto diverse, come nell'Uganda rurale. La Ainsworth era colpita dal fatto che intorno agli otto mesi i neonati iniziano ad aver paura degli estranei e che si riavvicinano velocemente alla propria figura di attaccamento quando si trovano vicini a una persona sconosciuta. L'angoscia per l'estraneo potrebbe derivare da una paura innata dei predatori, come credeva Bowlby, o dallo paura verso gli umani sconosciuti; in ogni caso diventò la motivazione per un esperimento che avrebbe modificato profondamente la teoria dell'attaccamento. Questo test, messo a punto nel 1963, consiste in una semplice procedura che dura circa venti minuti, anche se non è altrettanto semplice, emotivamente, per chi assiste.

 • Si inizia con una madre e un bambino di circa un anno che entrano in una stanza dove ci sono alcuni giocattoli e al piccolo è permesso di esplorare liberamente.
• Poi, uno sconosciuto entra nella stanza e parla con la madre; dopodiché, prova a interagire con il bambino.
• Il genitore lascia la stanza senza farsi notare, e lo sconosciuto cerca di interagire con il bambino.
 • La madre ritorna e consola il bambino, ma poi lascia nuovamente la stanza; questa volta anche lo sconosciuto esce dalla stanza, lasciando il bambino da solo.
• A questo punto, la mamma torna di nuovo e prova a consolare il bambino.
 L'elemento particolarmente affascinante di questo esperimento è la variabilità delle reazioni dei bambini: alcuni piangono, protestano e gattonano vere la porta, ma quando la madre ritorna, si calmano rapidamente e riprendono a interessarsi a ciò che hanno intorno; altri sembrano notare a mala pena le madri hanno lasciato la stanza e continuano in ciò che stavano facendo; altri ancora cercano continuamente la madre, prima e dopo le separazioni non riescono a calmarsi. In seguito alle diverse reazioni Ainsworth raggruppo i comportamenti rilevati in tre principali gruppi: uno di attaccamento sicuro e tre di attaccamento insicuro ora chiamati attaccamento evitante e ambivalente. Parole come sicuro e insicuro contengono un giudizio implicito come tali forme di attaccamento fossero buone o cattive, e sebbene tali giudizi siano da evitare, mi atterrò ai termini utilizzati in letteratura.[…]Gli stili di attaccamento sono la testimonianza della capacità dei bambini, per motivi di sopravvivenza, di adattarsi al loro ambiente e di capire come comportarsi al fine di restare vicini alle loro figure di attaccamento.[…]
Tutti questi schemi adattivi diventano schemi di comportamento non coscienti: i bambini interiorizzano una certa idea di relazione, che diventa poi un modello non cosciente nella loro mente, una rappresentazione interna di se stessi in relazione agli altri, che Bowlby descrisse utilizzando il concetto di modello operativo interno. […]
Il successivo balzo in avanti della teoria dell'attaccamento si è compiuto grazie all'elaborazione di uno strumento chiamato Adult Attachment Interview (AAI), che ha ridato centralità al mondo della mente, delle idee e delle rappresentazioni all'interno della teoria, dando avvio a una serie di nuove ricerche. Lo strumento fu sviluppato da Mary Main (Main, Kaplan, Cassidy, 1985) per misurare alcuni processi di pensiero degli adulti e ha dimostrato i legami esistenti tra il loro stato mentale e l'attaccamento dei bambini misurato con test della Strange Situation. L’AII è un’intervista semi-strutturata che richiede circa un’ora per la somministrazione completa: l’obiettivo è sorprendere l’inconscio rivelando caratteristiche importanti del mondo della rappresentazioni legate all’attaccamento. L’intervista è trascritta accuratamente e la cosa interessante è che viene analizzata in base a scale che non misurano quanto è effettivamente accaduto nell’infanzia descritta ma piuttosto il modo in cui si risponde a queste domande e in particolare la logica interna, la coerenza e il grado di riflessione che emerge dalla narrazione. Una scoperta rivoluzionaria, che ha mostrato come il modo in cui i genitori si rappresentano e riflettono sulla propria vita influisca sullo sviluppo dei figli.[…]
C'è ancora una sorta di gap di trasmissione nella spiegazione esatta di come lo stato mentale dei genitori influisca sull'attaccamento del bambino. Il concetto di mind-mindedness elaborato da Elisabeth Meins misura quanti commenti, riferiti alla mente, i genitori fanno rivolgendosi ai figli, e così pare si possa prevedere se un bambino svilupperà un attaccamento sicuro (Meins, Fernyhough, Fradley, Tuckey, 2001). I genitori che mostrano capacità di mind-mindedness tendono a concentrarsi sullo stato soggettivo dei figli, su ciò che essi provano e pensano, e sui loro vissuti, li trattano come esseri con una mente e dei sentimenti, invece di prestare maggiore attenzione ai bisogni fisici o ai comportamenti esterni. La Meins ha mostrato che se il bambino è ripetutamente esposto a riflessioni su uno stato mentale, allora diventa più facilmente consapevole degli stati e processi mentali propri e altrui. La capacità di capire lo stato mentale del bambino, dunque, è fondamentale. […]
La ricerca sull'attaccamento ha percorso molta strada da quando Bowlby sviluppò una serie di strumenti la cui validità empirica continua a trovare conferme. La teoria sottolineava inizialmente gli aspetti spaziali e comportamentali, e l'importanza per i bambini di avere vicina una base sicura; in seguito focalizzò non solo la vicinanza ma piuttosto la qualità della presenza dei genitori e il diverso modo di comportarsi con i figli. Poi si è enfatizzata sempre più la relazione tra gli stati mentali della figura di cura e la qualità dell'attaccamento del bambino, e sono così tornati in primo piano gli aspetti psicologici e rappresentazionali dell'attaccamento.[…] Rimangono aperte alcune controversie riguardanti l'influenza che avrà l'attaccamento precoce nel corso della vita o su come si trasmette esattamente l'attaccamento dai genitori ai figli. Sappiamo però quanto la mind-mindedness e la presenza di qualcuno che capisca i nostri sentimenti, speranze e intenzioni faccia una grande differenza. Sono pochi i bambini che nascono in famiglie con queste caratteristiche ma per fortuna i bambini sono sufficientemente adattabili così da sopravvivere nei climi emotivi più diversi. Il bambino sviluppa lo stile di attaccamento che risponde nel modo più adeguato all’ambiente in cui si trova, e sviluppa inoltre modelli operativi interni che gli assicurano la sopravvivenza in diverse culture emozionali. Gli stili di attaccamento non sono immodificabili, come dirò più avanti, ma cambiano in seguito a nuove esperienze e nuove relazioni; e questo dovrebbe dare speranza agli operatori della salute mentale e ai genitori.
G.MUSIC, NATURE CULTURALI attaccamento e sviluppo socioculturale, emozionale, cerebrale del bambino, 2013 BORLA EDITORE.

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